Si tratta di un degno rappresentante di macchine straordinarie denominate, alla loro origine, «macchine del tempo», proprio per lo scopo a cui erano destinate. Pur se così grevi all'apparenza, svelano una sapienza sofisticata che, unita ad un particolare fascino antico, le rende preziose.
Ingegnose ed affascinanti, con i loro ingranaggi, esse possono essere ritenute i testimoni più significativi del passaggio tra il mondo antico e quello legato alla tecnologia.
Al contrario dell'orologio della Rocca di Novellara, donato da Alfonso II nel 1670, ora collocato nel museo della Rocca, quello di Commessaggio è perfettamente funzionante grazie all'intervento restauratore del maestro orologiaio Alberto Gorla, avvenuto nel 1985; come lo è del resto anche quello della Rocca di Fontanellato, restaurato sempre dal maestro nel 1997.
Il nostro orologio ha quindi dei termini di paragone illustri dei quali, però, al contrario di esso, si hanno notizie certe. Dopo le ricerche effettuate è ancora difficile, quasi impossibile, poter stabilire quando e per volere di chi abbia cominciato ad essere l'orologio di Commessaggio.
L'unione con la campana vespasianea, datata 1583, dall'origine sicuramente distinta ed indipendente da quella dell'orologio, ha indirzzato tali ricerche, tenendo ben presente il legame particolare che le «macchine del tempo» più antiche hanno sempre avuto con piccole campane, a cui erano collegate. Addirittura, agli inizi della storia dell'orologio si parlava di svegliarini, proprio perché il sistema di ruote dentate era collegato solo con piccole campane, mentre il rapporto con le lancette segnatempo fu più tardivo. Una seconda osservazione che venne fatta è che, com'è opinione anche del signor Gorla, la datazione dei pezzi di ferro di cui è composto l'orologio di Commessaggio non è la medesima: sembra esserci cioè una parte, un'«anima» per così dire, più antica. Non dimentichiamo che, in epoche lontane, qualunque oggetto metallico veniva accuratamente conservato, utilizzato e riutilizzato anche per scopi diversi.
Da un punto di vista storico si può dire che si iniziano ad avere notizie di tali orologi non prima del Duecento. È curioso notare che solo nel corso degli anni e dei secoli tali capolavori di sapienza diventarono sempre più piccoli rivelando un continuo divenire, spesso un felice connubio di arte e di ingegno, sia per quanto concerne gli orologi meccanici, più legati alle «macchine del tempo» iniziali, che quelli frutto delle tecnologie legate alle nuove conoscenze. Il legame più stretto con le origini della storia della misura del tempo attraverso meccanismi di ruote dentate, venne mantenuto per diversi secoli proprio dai grossi orologi costruiti appositamente per dare «tempo» e prestigio a piazze e quindi destinati a torri, palazzi o altro. Dagli inizi del Trecento si cominciarono ad avere esempi sparsi un po' per tutta Europa; nel 1343 venne installato un orologio nel duomo di Modena e nel 1344 un altro, progettato da Jacopo Dondi, venne posto nella torre, detta appunto «dell'Orologio», nella Piazza dei Signori a Padova; e così via fino ad un totale di circa cento esemplari da edificio, anteriori al Quattrocento, di cui si abbiano notizie. La storia dell'orologio meccanico ebbe un momento fondamentale quando Galileo scoprì, nel 1583, il fenomeno dell'isocronismo del pendolo, tale per cui il periodo di oscillazione non dipende, per angoli «non troppo grandi», dall'ampiezza dell'angolo di oscillazione, quanto piuttosto dalla lunghezza del pendolo stesso.
Il pendolo poteva per questo motivo acquisire un ruolo di regolazione nel meccanismo dell'orologio, poiché per tale caratteristica fisica anche quando la carica dell'orologio tende ad esaurirsi e quindi diminuiscono gli angoli di oscillazione, il tempo però è ancora sufficientemente preciso dal momento che il periodo di oscillazione è lo stesso.
La regolazione attraverso il sistema del pendolo portò a correggere l'errore del ritardo di circa un quarto d'ora al giorno.
L'applicazione del pendolo ad un orologio venne realizzata solamente nel 1658 da Christiaan Huygens; Galileo aveva lasciato un progetto di orologio a pendolo del 1641, un anno prima di morire.
Va detto che anche l'orologio a pendolo è soggetto ad imprecisioni, delle quali si ricorda qui solamente quella legata alle variazioni di temperatura che modificano la lunghezza del pendolo e quindi il periodo di oscillazione; inconveniente che però venne evitato in seguito con l'uso, per la costruzione dei pendoli, di una lega insensibile a tali variazioni. Altro fattore importante da considerare è stata la collocazione dell'orologio nel palazzo del Comune, il palazzo più centrale, ma di cui più scarseggiano notizie. Nella mappa teresiana del 1775 viene definito come «Casa e Corte ad uso pubblico», proprietà della Comunità di Commessaggio, mentre il Torrazzo, il Colombarone ed altre proprietà che furono di Vespasiano Gonzaga, sono registrate come "beni della Regia Ducal Camera di Mantova". Questo fa pensare che tale palazzo abbia avuto un'importanza centrale nella storia del paese, che sia stato cioè il luogo che più di tutti abbia visto il susseguirsi dei vari poteri e la loro interazione con una comunità che comunque ha sempre dato segni della sua esistenza al di là di ogni nuovo signore. Per questo motivo il palazzo doveva essere dotato di una documentazione che avrebbe potuto chiarire i dubbi circa la data della sua costruzione, la sua commissione ed eventuali successive ristrutturazioni. Probabilmente sarebbe emersa anche qualche notizia dell'orologio collocato nella sua torre centrale. Purtroppo tale documentazione non esiste più, deve essere stata portata via man mano dai nuovi signori e successivamente dispersa o distrutta. Dopo la morte di Vespasiano, Commessaggio passò sotto il cugino Giulio Cesare Gonzaga, signore di Bozzolo. Nel 1708, dopo la cacciata dei Gonzaga di Mantova, diventò territorio dei Gonzaga di Guastalla. Dal 1746 fino all'unità d'Italia passò agli Asburgo. Le ricerche d'archivio attorno al periodo vespasianeo non hanno fornito notizie circa il palazzo Comunale e tantomeno circa l'orologio. Documenti di epoca successiva che, invece, recano notizie dell'orologio, perlomeno della sua esistenza, sono stati rinvenuti presso l'Archivio di Stato di Mantova.
Si tratta di una serie di bilanci comunali, dal 1772 al 1774, dove si vedono registrate le spese per il salario del «regolatore dell'orologio» e per «l'oglio» per lo stesso, definito «novo» nel bilancio del 1772. In quello del 1773 si fa anche riferimento alle spese per "il risarcimento dell'orologio, e provista dell'oglio per il medesimo".
In questi documenti, molto interessanti per il fatto che dalle spese di bilancio emerge il tipo di vita della comunità, si può leggere come quelle relative all'orologio fossero da attribuire ad entrambe le comunità in cui era allora distinta la popolazione di Commessaggio, quella rurale e quella civile, poichè evidentemente era ritenuto necessario ed utile ad entrambe. È nel bilancio del 1773 che si legge l'approvazione da parte del Magistrato della proposta della popolazione commessaggese di volersi riunire in una sola Comunità. Ritornando al campo delle supposizioni, l'orologio potrebbe essere stato costruito (magari utilizzando pezzi preesistenti, di proprietà di chi lo ha fabbricato o che si trovavano già a Commessaggio) ed unito alla campana di Vespasiano e forse già con un pendolo, in epoca non lontana dal 1772. Oppure la sua storia prevede tappe successive, che peraltro potrebbero partire molto tempo prima di tale data, in un periodo comunque postvespasianeo, come la sua anima più antica sembra far supporre.
Questa sua anima più antica potrebbe aver iniziato a misurare il tempo intorno alla metà del Seicento o nella seconda metà di tale secolo (in coincidenza forse con una ristrutturazione del palazzo Comunale), momento in cui venne costruita, unita alla campana di Vespasiano e collocata nella sua posizione di sempre. Anche in questo caso potrebbero comunque essere stati utilizzati pezzi non nuovi, non creati cioè per l'occasione, ma provenienti da un altro orologio, così come era stata riutilizzata la campana vespasianea. Perciò quello che viene discusso con queste supposizioni è solamente il momento in cui cominciò ad essere l'orologio della torre civica.
La storia del palazzo potrebbe dunque dirci molto sul quando e grazie a chi venne posto in questa posizione centrale; il suo «percorso di vita» sembra indissolubile da quello della torre che lo contiene.
La dicitura «risarcimento», cioè restauro, indicata nei documenti del 1773, potrebbe coincidere con l'applicazione del pendolo. Ed una modificazione di tale tipo, piuttosto radicale, giustificherebbe l'aggettivo di «novo» che gli viene attribuito un anno dopo quello del risarcimento. Di fatto, sulle tracce dell'orologio, sono state trovate molte interessanti informazioni su questo territorio che, per il suo fiume e suo malgrado, divenne un piccolo luogo strategico nella mente di Vespasiano, un uomo che amava rendere concreti i suoi propositi. Indagando ulteriormente attraverso i documenti notarili seicenteschi, si potrebbe avere un'idea della trasformazione del Commessaggio di Vespasiano nel Commessaggio settecentesco, un borgo vivo, con le sue attività agricole e quelle legate al fiume omonimo, caratterizzato anche dalla presenza di grossi palazzi appartenenti a famiglie ricche, capitani, grossi commercianti, proprietari terrieri e notai. Un Commesaggio che almeno a partire dal 1756 possedeva già un organo, come si può dedurre da quattro lettere al magistrato camerale del 1776, relative all'organista Carlo Martelli. Egli era in disputa con la Comunità commessaggese che non gli voleva più riconoscere il salario che gli aveva attribuito fino ad allora, come è possibile verificare nei bilanci comunali citati. Egli dichiara di sentirsi offeso da un tal genere di trattamento, che ritiene di non meritare, considerando il fatto che è l'organista della comunità ormai da 20 anni (da questa notizia si è dedotta la data 1756); in realtà la comunità non intendeva più dargli denaro perché veniva già pagato dalle due potenti confraternite laicali del Santissimo Sacramento e del Rosario di Commessaggio. L'orologio è stato il motore di ricerca per arrivare a nuove conoscenze sul passato di questo piccolo ma caratteristico paese. A "Lui", presenza discreta e solenne, il nostro riverente rispetto ed a tutti i Commessaggesi ed ai visitatori, che spero verranno in questa dolce terra, l'emozione di sentire, salendo le ripide scale della torretta che lo racchiude, il rumore del suo movimento ormai secolare.
[1] Il brano riguardante l'orologio è citazione quasi letterale dell'intervento di Tersilla Federici, dal titolo L'orologio della Torre Civica di Commessaggio, in: Atti della giornata di studio, a cura di Umberto Mafezzoli e Tersilla Federici, (Commessaggio (MN), Torrazzo Gonzaghesco, 21 settembre 2002), Bozzolo (MN) 2004.